Lotario e Imelda
Una leggenda per Santa Croce
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A noi dell’Associazione Santa Croce piacciono molto le belle collaborazioni. Ci piace lanciare idee e proposte sempre nuove e diverse, ma ci piace anche accogliere quelle che provengono da chi è vicino all’Associazione e ha piacere di avere un ruolo attivo nelle iniziative che, di volta in volta, vengono promosse.
Per questo, abbiamo accolto con piacere il risultato di una sfida lanciata all’artista Giordano Macellari: raccontare, fissandola sulla tela, la leggenda di Lotario e Imelda, legata alla Basilica Imperiale di Santa Croce al Chienti (immersa nella campagna di Casette d’Ete di Sant’Elpidio a Mare) la cui valorizzazione e conoscenza è, da sempre, l’obiettivo principale dell’Associazione.
Un’idea semplice, ma il fatto di averne affidato la realizzazione a Macellari significava avere la consapevolezza di ottenere un racconto intrigante, una visione originale, in qualche modo dirompente, ma non dissacrante, della storia d’amore e morte di cui sono protagonisti Lotario e Imelda.
E Macellari non ha deluso. Anzi, ha sorpreso. Attraverso dodici tele ha rappresentato i momenti salienti della leggenda, e lo ha fatto quasi snaturando la sua arte, divertendosi a giocare con i colori, dipingendo tratti essenziali, lontani e diversi da quelli che gli sono più abituali, all’apparenza infantili e scarni, eppure ricchi di significato e di emozioni.
Tratti che invitano a leggere la storia, non solo a guardarla.
Così Macellari ha vinto la sfida.
Marisa Colibazzi
presidente dell’Associazione Santa Croce
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Conosco Giordano Macellari ormai da molti anni: ho presentato alcune sue mostre e, soprattutto, ho apprezzato la sua iniziativa di concorrere al restauro di opere d’arte danneggiate dall’incuria del tempo, grazie a quanto ricavato dalla cessione dei suoi dipinti. L’ho sempre giudicato un artista istintivo, incline a lasciarsi andare al trasporto dei sentimenti più che disposto a sottoporre al vaglio della ragione le sue idee: tutto ciò è ben evidente nelle sue opere, caratterizzate da pennellate rapide e riassuntive che costruiscono l’immagine con grande efficacia, senza indulgere nella descrizione dei particolari.
Per questo motivo mi ha molto stupito, in una recente visita al suo studio, vedere una serie di quadri che illustrano una favola cortese di amore e morte, quella di Lotario ed Imelda, legata alla fondazione della Basilica Imperiale di Santa Croce al Chienti. Non credevo, infatti, che Macellari fosse disposto a rinunciare ai suoi “eroici furori” di artista fuori dagli schemi, per illustrare un racconto che affonda le sue radici nell’epos medievale.
Invaghitosi della giovane e bella Imelda, figlia del feudatario locale Eufemio, il nobile cavaliere Lotario si vide respinto dal futuro suocero che non approvava il loro amore e segregò la ragazza in un convento dove ella si lasciò morire. Per vendicarne la morte, Lotario uccise il nobile Eufemio, ma tormentato dal rimorso il giovane cavaliere si isolò in una zona paludosa, conducendo una vita da eremita e prodigandosi per la costruzione della Basilica.
La loro vicenda è stata rievocata da Cesare Catà in un testo drammaturgico dal titolo “La Santa Croce: disperazione e redenzione di un cavaliere”, dato alle stampe a poca distanza di tempo dal completamento dell’impegnativo intervento di restauro che, dopo molti decenni di abbandono, ha riportato a nuova vita l’antico cenobio medievale.
Naturalmente nelle tavole che Macellari dedica a questa storia non troviamo quel repertorio iconografico connesso, nell’immaginario collettivo, alle corti medievali: il fasto della vita feudale, gli abiti sontuosi, le armature lucenti, i grandi convivi sono estranei al suo mondo, ma non per questo le sue storie risultano meno avvincenti. Infatti, senza rinunciare al suo stile rapido e disinvolto, Macellari ha composto una sequenza di immagini apparentemente caotiche, ma in realtà capaci di coinvolgerci nella vicenda di amore e morte legata a questa leggenda proprio per la loro rapidità esecutiva e per la sintesi formale che le ispira, senza rinunciare a qualche digressione caricaturale.
Il fatto, poi, che questi dipinti siano esposti nella stessa abbazia la cui nascita è legata all’amore di Lotario ed Imelda, rende ancor più efficace la loro capacità di raccontare in modo contemporaneo una vicenda del passato.
Stefano Papetti